venerdì 20 aprile 2018

Il Buon Pastore conosce le sue pecore


« … In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati» (At 4,8-12)

«Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.» (1Gv 3,1-2)

«Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore.» (Gv 10,11-18)

La quarta domenica di Pasqua è detta Domenica del Buon Pastore perché nel Vangelo Gesù si autorivela come il “Bel Pastore” (letteralmente): il pastore ideale, quello vero, contrapposto al mercenario per il quale le pecore che gli sono affidate sono solo un mezzo per “pascere se stesso” (Cfr. Ez 34).
Ciò che fa da discrimine tra il vero (bello/buono) pastore e coloro che lo sono solo in apparenza, è la capacità di donare la vita per le “pecore”. Il mercenario è interessato solo a se stesso e al proprio guadagno, non “conosce” le pecore, non gli interessa di loro. Il Pastore, invece, “conosce” coloro che gli appartengono, è interessato a loro. Nella pagina evangelica di questa domenica, inoltre, oggi Gesù manifesta pienamente la Sua Libertà: «io do la mia vita … Nessuno me la toglie: io la do da me stesso». Il dono della vita in obbedienza al Padre è l’atto di più grande libertà di Gesù.
«Conosco le mie (pecore) e le mie (pecore) conoscono me». In questo versetto 14 il testo greco non usa il termine “pecore”, ma soltanto l’aggettivo “mie” («Conosco le mie e conoscono me le mie») che diventa in tal modo ciò che ci identifica: gli apparteniamo.

«… come il Padre conosce me e io conosco il Padre» Dopo avere detto che gli apparteniamo e che ci conosce, oggi il Signore specifica pure il modo in cui ci conosce: «Come il padre conosce me». Vale la pena allora di chiedersi in che modo il Padre conosce il Figlio: con una comunione d’amore inscindibile che li rende “una cosa sola”. Il Buon Pastore, quindi, ci conosce con una “conoscenza d’amore” che ci unisce a Lui: nel battesimo, infatti, siamo stati uniti inscindibilmente a Lui, nella Comunione Lui ci unisce alla Sua passione morte e resurrezione … Lui ci conosce, ha unito la Sua vita alla nostra, ci ama per quello che siamo, non per quello che appariamo o che dobbiamo essere. Lui ci vuole felici. Il mondo, invece, non ci “conosce”, non ci ama, non può renderci felici, ci costringe troppo spesso ad essere ciò che non siamo.
Solo Gesù è il vero/buon Pastore. S. Pietro oggi nella prima lettura è chiaro: «In nessun altro c’è salvezza». Non seguiamo quindi altri “pastori” che non vogliono (e non potrebbero) darci la Vita.
«Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.» Fin qui abbiamo visto ciò che contraddistingue il Buon Pastore. Ora vorrei soffermarmi brevemente sulla caratteristica distintiva di chi gli appartiene (“le mie”): l’ascolto obbediente e la comunione reciproca. Ecco ciò che ci deve caratterizzare se Gli apparteniamo. Ecco da cosa possiamo riconoscere se siamo Suoi, se viviamo secondo la grazia del nostro Battesimo: da figli di Dio.

Per volontà di Paolo IV, oggi è anche la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni: come ci ricorda l’ultima esortazione di Papa Francesco, Gaudete et exultate, tutti siamo chiamati alla santità (la vocazione universale), ma a questa ciascuno è chiamato per una “via” personalissima. La nostra piena realizzazione, la nostra felicità, dipende dalla capacità di comprendere e realizzare questo personale progetto d’amore.
Questa domenica vorrei invitarvi a pregare in maniera particolare per i presbiteri, che il Signore chiama ad essere suoi collaboratori nel ministero pastorale, e per le persone di vita consacrata, frati e suore, che sono chiamati ad essere segno profetico della totale dedizione al Regno. A ogni cristiano, ma a loro in maniera particolare, il Signore chiede di fare della propria vita un dono giorno per giorno, di dimenticarsi di sé (rinnegare se stessi), per amore di Dio e dei fratelli. Tutto ciò, lo sperimentiamo, non è facile, ma è l’unica strada che conduce alla piena realizzazione, alla Gloria eterna. Sosteniamoci reciprocamente in questo cammino perché ciascuno di noi, restando fedele alla vocazione che ha ricevuto, possa giungere alla Pienezza della Vita per l’eternità.
Fr. Marco.


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